L'ALBERO COME PARTE DI UN’OPERA D’ARTE E BENE DA AMMIRARE ESSO STESSO

ven 20 agosto 2021

Chi ama l’arte e l’architettura è sempre alla ricerca di angoli preziosi all’interno delle nostre città, dove si celano monumenti più o meno famosi o stili architettonici conosciuti o da scoprire.

Di certo chi ama l’arte è sempre alla ricerca della bellezza, dell’emozione suscitata da un’opera di un artista.

In realtà anche chi non si intende d’arte è di certo sensibile alla grazia, all’armonia delle forme o ai contrasti generati da materiali e colori diversi.

Credo che questi siano dei postulati abbastanza incontestabili.

Eppure… eppure… non si comprende il motivo per cui in molte città le opere d’arte, tralasciando quelle famosissime, o gli angoli pieni di belle particolarità, non vengano assolutamente valorizzati e conservati.

Da cosa si deduce questo? Sicuramente da più indici, ma indubbiamente il più marcante è senz’altro una totale mancanza, nella maggioranza dei casi, di un’illuminata gestione del verde e in particolar modo degli alberi.

Perché cito gli alberi? Perché sono sicuramente degli amplificatori di bellezza.

Le loro chiome, quando in forma naturale, sono delle opere perfette che seguono modelli architettonici ben precisi e sono armoniche ed eleganti.

Un’ armonia che è o dovrebbe essere percepibile da tutti, anche dai non esperti tecnicamente di alberi.

Dovrebbe essere lampante la differenza tra un albero malamente capitozzato e ridotto ad una disarmonica accozzaglia di monconi di legno rispetto ad uno potato e gestito correttamente nel rispetto delle esigenze biologiche e meccaniche.

Rispettando il suo essere flessuoso ed elastico per difendersi dagli agenti atmosferici, che è poi la caratteristica che ci meraviglia e ci stupisce quando osserviamo la chioma di un albero sotto l’azione di un vento primaverile.

E’ quell’eleganza di movimenti che ci fa spalancare la bocca dallo stupore.

Se poi questa eleganza di forme è associata alla facciata di un palazzo storico, inserita nel contesto di una corte d’epoca o affiancata ad un monumento in città come Roma, Firenze, Venezia o Milano ecco che possiamo dire che l’albero diventa parte dell’opera d’arte stessa.

Quanto perderebbe in fascino l’Arsenale di Venezia se i magnifici platani situati all’ingresso dalla parte della Laguna fossero malamente mutilati dei loro rami?

Le opere d’arte che ad ogni Biennale li usano come cornice o, in alcuni casi, come supporto, quanto subirebbero la loro “bruttezza” se fossero capitozzati?

E allora che senso ha maltrattare gli alberi da parte delle amministrazioni comunali con scellerate potature? Sottraggono meraviglia ed armonia, danneggiano l’albero e, non ultimo come svantaggio, eliminano la preziosità dell’ombra.

Vantaggio che va a discapito senz’altro dell’utente dell’opera in contemplazione che ha il disagio del calore eccessivo, ma che va anche a sottrarre tanti giochi di luce che esaltano spesso le forme di un luogo o di un edificio.

Purtroppo il motivo per cui questi scempi alle chiome verdi in città vengono perpetrati è molto semplice: per ignoranza o convenienza si eseguono pratiche sbagliate giustificandole con la “mettere in sicurezza” l’albero.

Una bestemmia tecnica che purtroppo fa comodo a tanti tecnici comunali che si tutelano eliminando le branche degli alberi.

I cittadini per ignoranza si sentono al sicuro non sapendo che con una capitozzatura inizia un circolo vizioso di malanni per la pianta che la subisce, che amplifica in pochi anni un potenziale rischio che prima dello scempio “arboriculturale” era gestibile senza nessun problema.

Presi da questa “paura degli alberi” moltissimi si dimenticano della loro bellezza che OGNI GIORNO donano, si dimenticano dell’armonia che elargiscono ad un territorio, si dimenticano di quanto può essere bella ed elegante la chioma di un pioppo cipressino che ondeggia al vento prima di un temporale e mostra la parte inferiore delle foglie grigia argentata in contrasto con il blu cupo delle nuvole temporalesche.

Si dimenticano di quanto può essere bello un tronco di un pino illuminato dall’ultima luce del tramonto, bello come lo sono quelli dei Fori a Roma per esempio.

L’albero può emettere anche suoni, frusci armonici di foglie sollecitate dal vento che si esprimono al massimo se la chioma è integra e nessuno gli ha rovinato la sequenza matematica che segue per crescere in un perfetto progetto architettonico.

Andare a visitare Vinci, paese natale di Leonardo, ha sicuramente come valore aggiunto la vibrante chioma del cipresso secolare presente in paese.

Pensiamo al cipresso di fianco all’Abbazia a Sant’Antimo in Toscana, un esempio perfetto di architettura umana e vegetale in simbiosi: il campanile non avrebbe la stessa eleganza senza la chioma sinuosa del cipresso di 250 anni al suo lato.

Un gruppo di alberi può diventare esso stesso opera d’arte, Artesella in Trentino non esisterebbe senza piante con chiome integre e ben gestite, non potrebbe vivere con alberi capitozzati.

Il Parco dei Mostri di Bomarzo perderebbe ogni sua logica se i rami fogliati non nascondessero le opere fino al secondo prima di stupire il visitatore e credo sarebbe ingestibile a livello pratico senza l’ombra generata dai patriarchi vegetali che lo popolano.

Personalmente credo che la consapevolezza nel riconoscere l’armonia  e l’eleganza che un albero possa regalare ad un territorio, ad un edificio storico o ad un monumento, vada recuperata e comunicata in modo che i cittadini stessi la apprezzino e capiscano che gli alberi sono parte di un tutto e non singole entità da cui difendersi con terrore.

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